Nel suo saluto il sindaco Paolo Menis ha spiegato che il convegno ha l’obiettivo di orientare
ad un cambiamento per un nuovo modo d’intendere i servizi sociali. La necessità
è resa urgente dalla crisi economica che allarga la platea degli interventi e
la contemporanea riduzione delle risorse.
Daniela Vidoni
richiamandosi al Lessico sturziano ha ricordato che per Sturzo il solidarismo
non è un mezzo momentaneo per risolvere i problemi dei poveri, ma una risorsa
sociale da investire per la promozione degli ultimi. La povertà va pensata come
energia positiva che fa crescere la persona e la società perché esperienza di
ricerca, di condivisione, di completamento che si attua attraverso relazioni
positive. Inoltre la povertà è prodotta da un cattivo funzionamento di alcuni
soggetti della società come la politica e l’economia . Come fare giustizia?
Sturzo identifica il concetto di giustizia con la moralità, con una coscienza
etica ben formata che fa pensare la politica e l’economia a partire dalla
morale e non dalla sua esclusione come
sta avvenendo. Sturzo ha sempre messo in evidenza che la centralizzazione dello
Stato post unitario allargando sempre di più di più le attività pubbliche, rende
i cittadini succubi della classe burocratica.
Questo genera un potere
irresponsabile perchè molto frazionato ed improntato ad un’analisi esasperante
e frammentata che impedisce di arrivare ad una sintesi e fa perdere il senso
della realtà della vita sociale nel suo svolgersi e nella sua attualità.
Oliviero Motta ha
sottolineato che le misure nazionali di contrasto alla povertà sono
eccessivamente frammentate e con interventi quasi esclusivamente di natura
monetaria che non favoriscono il
recupero sociale e l’attivazione individuale. Sarebbe giusto che la riscossione
di diritti individuali corrispondesse a
doveri di solidarietà perché quello che si riceve possa servire ad aiutare
anche altri. E’ quindi necessario un
nuovo welfare comunitario che collochi la comunità locale al centro del
sistema. Comunità intesa come attivazione di persone intorno a luoghi che
generano relazioni capaci di produrre risposte concrete alle condizioni di
difficoltà dei cittadini e li aiutino ad affrontare i momenti di crisi facendo
ricorso anche alle loro energie e competenze .
Paolo Zenarolla ha osservato che la capacità della persona di reazione al bisogno dipende
anche dal livello di inserimento della stessa in una comunità come era naturale
nella nostra società friulana. Non è la stessa cosa sostituire le
relazioni di comunità con la tecnocrazia
dell’assistenza sociale come risposta ai bisogni. L’elemento su cui lavorare è
la comunità, che va intesa come luogo in cui si realizza la persona. In una
comunità le persone vivono anche le
situazioni di crisi con naturalezza in quanto le povertà sono accolte,
riconosciute e sostenute verso esiti di uscita, ma questi legami vanno
costruiti prima che nascano i bisogni.
E’ necessario rileggere i percorsi che hanno regolato i corpi intermedi alla
luce della necessità di ricostruire legami comunitari. Gli strumenti di aiuto
vanno ripensati favorendo la partecipazione alla vita pubblica attraverso la
vita comunitaria. Purtroppo le nuove leggi sul welfare sono vanificate dalle procedure burocratiche per cui si ha difficoltà a lavorare
e molte persone a cui sono dirette non sono raggiungibili.