Il 18 marzo a San Daniele si è tenuto il convegno” Vivere la vita per non morire soli” organizzato dal Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo di Udine in collaborazione con il Comune di San Daniele e la CISL di Udine. Nel saluto iniziale il sindaco Menis ha sottolineato che la nostra società si sta interrogando sul fine vita, ma il tema della serata è stato impostato in maniera diversa perché intende focalizzare come vivere la vita per non morire soli. Gli aspetti su cui è necessario riflettere sono due: il primo come deve essere lo stile di vita dell’uomo e l’altro è la qualità del fine vita. Ogni persona con il passare degli anni s’interroga su questi aspetti che rimandano alle domande: chi siamo, dove andiamo, cosa lasciamo? Nell’introduzione Daniela Vidoni responsabile del CISS ha messo in evidenza che Sturzo riteneva importante e urgente formare la coscienza cristiana perché la vedeva a fondamento della vita della nazione. Egli ha posto la persona, intesa come essere in relazione, alla base della vita sociale. Oggi l’uomo si concepisce come individuo autosufficiente e questo porta a vivere e morire soli. Il tema della serata è stato sviluppato dal prof. don Franco Gismano, docente di Dottrina Sociale della Chiesa all’ISSR di Udine e poi arricchito dall’esperienza della Dr.ssa Paola Ponton psicoterapeuta e psicologa responsabile del coordinamento per l’etica nella pratica clinica dell’ospedale di San Daniele e dei distretti sanitari di San Daniele e Codroipo. Don Gismano ha spiegato che il termine persona è teologico perché solo Dio è persona in quanto è relazione e l’uomo essendo creato a sua immagine e somiglianza è un soggetto la cui vita assume un senso attraverso la relazione con Dio e gli altri. Ha lanciato alcune provocazioni per far riflettere su diversi luoghi comuni che vengono presi per verità. Ha affermando che non c’è una fase terminale della vita, c’è una fase in cui ci rendiamo conto di una patologia , ma in realtà“ s’ inizia a morire iniziando a vivere”. Riferendosi all“ antropologia del soprannaturale” come l’ha chiamata Sturzo, ha spiegato che non c’è nulla di più laico del soprannaturale. Per laicità s’intende vedere la realtà per quello che è non per quelle rappresentazioni che la colgono solo in forma parziale. La terza provocazione è stata la domanda : “ cosa è la vita”? La vita è un mistero.Le varie scienze la studiano , ma non la comprendono. E’ seguito l’intervento della dr.ssa Paola Ponton che ha portato l’esperienza del suo essere in sanità nella società odierna, con grandi sfide che sono legate al vivere e al morire soli, fisicamente, emotivamente, spiritualmente, soli in non luoghi. Dagli anni 50 ad oggi l’avvento della tecnica, della biomedicina, delle biotecnologie hanno cambiato la nostra vita e ci offrono varie possibilità per nascere e per morire, nella scelta del luogo e delle modalità con varie capacità d’intervento nelle acuzie. A livello culturale e sanitario non si è però entrati nella logica di gestire le cure delle malattie cronico degenerative che oggi per molti rappresentano un lungo periodo di vita. Come poter vivere dal primo all’ultimo istante della vita con consapevolezza? E’ un lavoro che ciascuno di noi deve fare con se stesso per scoprire la propria identità costituita da una storia personale e familiare , di valori, principi , e costruire la propria biografia. Anche in medicina si sta recuperando il concetto di biografia rispetto a quello di biologia: non si hanno solo corpi ma persone con una propria biografia che si sedimenta anche nel corpo. E’ solo il senso e il significato che parte da noi stessi che può rispondere ai vincoli o alle offerte della cultura contemporanea.
Daniela Vidoni
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