sabato 7 luglio 2012

Cosa fare per la famiglia in un momento di crisi economica? - intervista a Roberto Bolzonaro

Eliminato il Fattore Famiglia dal Piano Nazionale del Governo: perché?
Cosa fare per la famiglia in un momento di crisi economica?
 
 Intervista a Roberto Bolzonaro - vice presidente nazionale del Forum delle Associazioni familiari 
Tariffe e servizi comunali: che fare in un momento di crisi economica? Distribuire il sacrificio su tutti, ma come?
Quando la disponibilità del Comune diminuisce il primo colpo di scure lo si assesta ai servizi ai cittadini,  in modo particolare ai servizi per la famiglia quali scuola, nidi e scuole materne, toccando il meno possibile i servizi per gli anziani (che votano!!). Quello che è più tragico è che, accompagnato alla rinuncia o riduzione di qualche servizio, si riduce il numero degli aventi diritto alle esenzioni o alle tariffe minime, si alzano le tariffe minime, ma quasi mai vengono toccati i tetti relativi alle tariffe massime. In questo modo chi partecipa fattivamente alla riduzione della spesa pubblica sono le famiglie meno abbienti. Non vi sembra strano? Chi non ha figli non risente delle diminuzioni dell'offerta dei servizi, né tantomeno dell'aumento tariffario nell'ambito scuola, asili, nidi, ecc. Se poi una famiglia ha un reddito alto, non usufruisce generalmente di sconti particolari sulle  rette. Ecco quindi che la sua partecipazione a risolvere i problemi economici del Comune è pressoché nulla.
Quale ricetta? Oltre che stabilire un criterio di priorità sulle scelte dolorose da operare, il Comune si deve dotare di sistemi equi di ridistribuzione delle tariffe e delle rette. Uno di questi è il Fattore Famiglia per un calcolo corretto dell'ISEE o una sua correzione (vedi Quoziente Parma). Fatto questo, il Comune può agire su un aumento generale delle tariffe, in modo che tutti diano il loro contributo in base alle proprie capacità di spesa.  Qui il Fattore Famiglia insegna e dovrebbe farla da padrone.
 
Come mai allora il Fattore Famiglia è stato tolto dal Piano Nazionale per la famiglia?
Questa è una nota triste di questo Governo ed in modo particolare del Ministro con delega alla famiglia, Riccardi. Il Fattore Famiglia applicato alla fiscalità era stato presentato in sede dell'Osservatorio sulla Famiglia con approvazione unanime di sindacati e rappresentanze imprenditoriali, oltre che delle famiglie e delle loro associazioni. Il testo è stato modificato dal Governo in gran segreto in sede di conferenza Stato Regioni, dove, a detta del Ministro, le Regioni hanno voluto toglierlo, per la ragione che "costa troppo". Il Piano che ne è uscito è stato snaturato da questo taglio e il nuovo testo è stato mantenuto segretissimo fino a qualche giorno fa. Una manovra molto oscura dove tutti, dal ministro alle regioni, si sono tolti dalla responsabilità della decisione.
Quali sono le regioni che hanno votato contro il Fattore Famiglia? Non è dato sapere. Ma scherziamo? Che democrazia è se non si sa come si comportano gli eletti su temi così importanti? Vengano fuori i nomi, così sapremo come regolarci alle prossime elezioni!
Ma ora il Governo non sta modificando l'ISEE? Sarà ancora necessario ricorrere a strumenti correttivi dell'ISEE attuale come il Quoziente Parma, Roma e il Fattore Famiglia Lombardia?
Sì, gli esempi di Parma, ormai consolidato, Roma e della Lombardia saranno sempre più necessari in quanto la riforma dell'ISEE si preannuncia più formale che sostanziale. Ai tavoli del ministero del lavoro si sta infatti lavorando su una riforma dell'ISEE che non cambia sostanzialmente nulla: per ora solo formalismi rivisti e qualche precisazione normativa. Su un maggior riconoscimento del costo dei figli, solo un ritocco del 7% in caso di almeno 3 figli minorenni. Tanto all'università i nostri figli ci vanno gratis, le tasse universitarie sono irrisorie (anche 1.600 euro/figlio/anno a Venezia), non mangiano più e non costano niente alla famiglia.
Per cui le sole amministrazioni illuminate potranno porre rimedio a questa stortura con manovre aggiuntive pro family. Si continuerà come prima. Speriamo che il Governo, a fronte delle nostre forti proteste in merito, ci pensi bene prima di uscire con un decreto inutile, che non serve all'economia italiana e continua ad ignorare e calpestare la più grande risorsa che c'è in Italia: la famiglia.
 
I DOCUMENTI DEL CONVEGNO AFI TENUTOSI A LIGNANO SABBIADORO IL 16.6.12 SONO NEL SITO CISS - SEZIONE DOCUMENTI
http://www.centrosturzo.fvg.it/Documenti.aspx

E' proprio vero che non ci sono le risorse per applicare il "Fattore Famiglia"?

Il Governo ha fatto un passo indietro dal Fattore Famiglia, ma sbaglia
E' proprio vero che non ci sono le risorse per applicare il "Fattore Famiglia"?
 
Il 16 giugno scorso si è tenuto a Lignano Sabbiadoro un seminario formativo del'AFI di grande interesse per le politiche familiari, se solo il governo e gli amministratori volessero ascoltare. Il dott. Roberto Bolzonaro, già presidente nazionale AFI e attuale vicepresidente nazionale del Forum delle Associazioni familiari, ha illustrato con precisione la situazione del cosiddetto Fattore Famiglia e il problema della revisione dell'ISEE, due riforme indispensabili per un fisco e delle tariffe pubbliche a misura di famiglia e non di singoli individui.
Il Fattore Famiglia
Il cosiddetto Fattore Famiglia è nato da uno studio dell'AFI, è stato recepito dal Forum delle associazioni familiari e approvato dall'Osservatorio nazionale per la famiglia che è organo della Presidenza del Consiglio.
L'art. 53 della Costituzione Italiana dice che: "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività".
Per attuare questo bisogna prima stabilire sopra quale limite di reddito è ammissibile cominciare a pagare le imposte, cioè avere una vera capacità contributiva. E' necessario individuare un livello minimo di reddito non tassabile per una persona e questo dovrebbe essere moltiplicato per un fattore proporzionato al carico familiare.
Il livello minimo di reddito non tassabile per una persona è pari alla soglia di povertà relativa calcolata annualmente dall'Istat. Il fattore proporzionale al carico familiare è il Fattore Famiglia. Esso è ricavato da una scala di equivalenza che tiene realmente conto del numero di persone a carico (moglie e figli) e delle situazioni che gravano sulla famiglia (disabilità, non autosufficienza, monogenitorialità, vedovanza, ecc.)
Il prodotto che si ottiene è la "No Tax Area", all'interno della quale l'aliquota da applicare per le imposte è pari a zero. Superata la No Tax Area, si applicano le aliquote progressive normalmente previste. Quando la No Tax Area risulta superiore al reddito percepito, si applica una tassazione negativa che corrisponde ad un assegno erogato o ad un credito d'imposta pari all'aliquota minima applicata a questa differenza.
Il limite di reddito della persona ritenuta a carico deve essere aggiornato ai valori attuali e portato alla soglia di povertà relativa stabilita dall'ISTAT. I benefici del Fattore Famiglia e della No Tax Area sono facilmente ed automaticamente estesi alle addizionali regionali e comunali.
I benefici del Fattore Famiglia
L'attuale Governo ha fatto un passo indietro sul Fattore famiglia, sostenendo che non ci sono le risorse per finanziarla, dato che il mancato introito fiscale per lo Stato sarebbe di 16 miliardi di euro.
Studi autorevoli dimostrano che i mancati introiti rientrerebbero comunque nelle casse dello Stato in altre forme. L'applicazione del Fattore Famiglia avrebbe questi positivi effetti: crescita dei consumi per 12,7 miliardi; recupero Iva 2,5 miliardi; maggiori introiti fiscali 3,8 miliardi; creazione di 200 mila posti di lavoro; 1 milione di famiglie salirebbe sopra la soglia di povertà.
Il Fattore Famiglia potrebbe essere avviato con criteri di gradualità in modo da poter arrivare a regime in 5 anni.
La revisione dell'ISEE
L'accesso ai servizi, la determinazione di agevolazioni tariffarie e monetarie sono in genere regolamentati utilizzando l'ISEE (Indice della Situazione Economica Equivalente) come parametro economico di riferimento.
La scala di equivalenza utilizzata attualmente è ampiamente penalizzante per famiglie con figli, ma non solo. Il metodo per calcolare l'ISE (Indice della Situazione Economica) è rigido, non è coerente con le diverse situazioni familiari e si presta a facili elusioni.
Il Forum delle Associazioni familiari ha elaborato una proposta di legge che si propone di individuare la situazione economica della famiglia nel modo più oggettivo possibile, permettere una flessibilità d'intervento a livello locale per adattare lo strumento ISEE alle singole realtà, e avviare un sistema continuo di miglioramento del sistema ISEE. Questi obiettivi sarebbero raggiunti agganciando la situazione economica con il fattore famiglia.

mercoledì 6 giugno 2012

Antropologia del lavoro

Volendo riflettere sull'antropologia del lavoro dobbiamo avere presente  le diverse motivazioni dell' approccio  dominante da quello cristiano.Oggi  esiste una frattura  fra attività umana in senso proprio e il lavoro. Il lavoro mercificato, alienato  ed  alienante, mirato esclusivamente alla ricerca del profitto è esattamente il contrario di ciò che dovrebbe essere l'attività umana.
Nel senso comune ciò che predomina è la dimensione oggettiva del lavoro, il salario , la produttività. Il ruolo primario della produzione dei beni è affidato al capitale che si è sostituito alla terra, considerata fino alla rivoluzione industriale come fattore produttivo determinante. Invece, secondo il  pensiero cristiano l'elemento più rilevante è rappresentato dall'uomo "dalla sua capacità di conoscenza che viene alla luce mediante il sapere scientifico, la sua capacità di organizzazione solidale, la sua capacità d'intuire e soddisfare il bisogno dell'altro". E' la dignità dell'uomo che "come immagine di Dio" è una persona, un soggetto consapevole e libero, cioè un soggetto che decide di se stesso.  Come persona, l'uomo è quindi soggetto del lavoro. (Laborem Exercens n. 6)
Nonostante  numerose Encicliche sociali abbiano dato indicazioni per evitare un uso distorto del lavoro (considerato semplice strumento per la ricerca del profitto), la realtà economica si dimostra ben lontana dall'attuazione dei loro orientamenti.
Il Magistero si è espresso sempre in maniera forte, specifica e coerente sul tema del lavoro, soprattutto sui  problemi e le condizioni degli uomini che lavorano facendo riflettere su domande fondamentali:
Quale è  il senso  ed il valore dell'attività umana?
A quale scopo tendono gli sforzi sia individuali che collettivi?
Come vanno usate le realtà che ci circondano?
L'opera umana può ridursi a solo strumento di accumulazione e guadagno?
Ma la domanda antropologica fondamentale è : chi è l'uomo?
La grande sfida che oggi ci provoca è la riscoperta della persona, dell'essere persona come specificità dell'umano. Per fare questo dobbiamo misurarci continuamente con la cultura contemporanea dove il termine  persona viene spiegato solo con le categorie biologiche, sociologiche e psicologiche. Queste scienze sottolineano solo degli aspetti della persona, ma non arrivano a cogliere la sintesi che costituisce la persona come unità, l'essenza che individua in profondità l'essere umano. Il lavoro è un'attività propria dell'essere umano che determina la crescita dell'uomo  e della società di cui fa parte. Il valore che ne deriva è da un lato l'autoaffermazione della propria persona e dall'altro il servizio all'edificazione della società. L'avvenimento di Gesù Cristo è l'unico principio adeguato per comprendere con l'intelligenza la totalità del reale e della storia e per  un rapporto vero tra Dio e l'uomo. Il fondamento del lavoro è questa relazione  fra Dio  che si rivela attraverso Cristo e  l'uomo che  seguendo Cristo si relaziona con gli altri uomini in un rapporto d'amore. Nella Gaudium et Spes è ben descritto l'uomo come persona e dono: "L'uomo in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa" e  "non può ritrovarsi pienamente se non attraverso il dono sincero di sé". Nel cuore della vita divina, la relazione tra le tre Persone (Padre, Figlio, Spirito Santo) si rivela come luogo fondativo della qualità relazionale che costituisce l'uomo come persona.
La persona è tale perchè possiede questa costitutiva disposizione alla comunione e al dono. Come nella Trinità la natura divina vive del relazionarsi, reciproco donarsi e riceversi delle tre  Persone, così nella natura umana la persona si realizza solo in un'apertura agli altri che la  predispone a dare e ricevere una vita di comunione. Questo mistero della vita trinitaria che ci è stato rivelato dall'incarnazione di Cristo, getta luce sul rapporto fra la libertà del singolo uomo e la libertà degli uomini come popolo.
Le conseguenze a livello morale di tale concezione sono che ogni atto dell'uomo, anche il più nascosto ed insignificante, a causa di questa vocazione, ha una portata eterna. Viene così valorizzata la libertà dell'uomo che ha davanti a sè la possibilità di autotrascendimento nella piena realizzazione di tutto il suo essere umano.
Nella scoperta della propria dipendenza originaria, l'uomo conosce la sua originalità come singolo, nel rapporto con l'infinito scopre la propria vocazione, dignità di se stesso, il valore della vita, la dignità ed il valore del  lavoro.
Allora la libertà si realizza come scoperta di appartenere ad un Altro, come legame alla propria origine, come risposta ad una  vocazione.
Principio di cooperazione all'opera della Creazione  e della redenzione

L'antropologia cristiana del lavoro ha alla base il principio che l'uomo attraverso l'attività lavorativa collabora alla creazione e alla redenzione di Dio.
Questa è  la finalità primaria dell'esistenza  umana sulla terra.
Il primo fondamento del  valore  del lavoro è l'uomo stesso, il suo soggetto.
Ne deriva che l'etica del lavoro è : "Il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro" per cui i vari lavori possono essere misurati solo con il metro della dignità del soggetto stesso, l'uomo che lo compie.
Principio di umanizzazione

Il lavoro è il metro di misura della dignità della persona (Laborem Exercens n. 6)
Solo la persona umana  possiede la caratteristica della dignità, non esiste uomo senza dignità. Nella sequela di Cristo l'uomo contribuisce alla realizzazione della storia di salvezza non solo in un ordine spirituale e mistico, ma anche dell'agire politico.
Principio di soggettività
L'uomo è il soggetto del lavoro e quindi il lavoro non è qualcosa di esterno all'uomo ma è parte della sua personalità e della sua esistenza.
Colui che compie attività lavorative è una persona con tutte le caratteristiche legate alla personalità: libertà, coscienza, responsabilità; chi compie il lavoro è un soggetto consapevole e libero, cioè un soggetto che decide di se stesso.

Principio di responsabilità

Essendo il lavoro un atto umano, quindi proveniente dalla volontà, implica la responsabilità della persona ed è legato alla sua percezione della libertà, della coscienza morale ed al senso di responsabilità che non sono innati, ma vanno appresi attraverso un'educazione.
Raramente il lavoro viene analizzato sotto le numerose variabili legate alla responsabilità. Di solito concepiamo la responsabilità sul lavoro come mancato adempimento di un obbligo contrattuale o in funzione di un risultato economico.
Essendo la responsabilità la più importante  categoria dell'antropologia morale, soltanto un comportamento responsabile può essere considerato un comportamento morale.
Vorrei sottolineare anche i significati  di lavoro come fatica  ed espiazione, ma anche come glorificazione di Dio con l'opera umana e preparazione di un regno di comunione con Lui.
Tutti gli uomini di tutti i tempi hanno sperimentato e sperimentano la fatica del lavoro, provata sia da chi lavora in campo materiale che spirituale, sia dal  dipendente che  dal lavoratore autonomo. E' una fatica fisica, psichica, esistenziale dovuta all'imperfezione, all'impotenza di fronte alle cose.
In seguito al peccato originale il lavoro è segnato da un rapporto difficile con il denaro , con l'altro uomo, con il tempo. Tale fatica comporta un sacrificio difficilmente accettabile se non è inquadrato in una realtà esistenziale  rivelata da Cristo, unico Salvatore.
La fatica del lavoro non è una maledizione, è un'espiazione  derivante dal proprio status. "Sopportando la fatica del lavoro in unione con Cristo Crocifisso per noi, l'uomo collabora in qualche modo con il figlio di Dio alla redenzione dell'umanità".
Chi lavora con questo intento, svolge la propria attività in un quadro di glorificazione il cui significato è la liberazione da una condizione esclusivamente terrena.
Lavoro come dono di Dio

Nel Qoélet si sottolinea il tempo in funzione dell'attività umana: " Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il sole" .... "Ho concluso
che non c'è  nulla di meglio per essi, che godere e agire bene nella loro vita; ma che uno mangi, beva e goda del suo lavoro è un dono di Dio".

Antropologia della famiglia

La connessione fra "questione antropologica" e  "questione matrimoniale" è stata oggetto di una lunga serie di catechesi di Giovanni Paolo II  per spiegarci
  • La via fondativa : la natura della persona umana fonda il matrimonio e la famiglia
  • La via rivelativa: il matrimonio e la famiglia svelano la verità della persona
Nel Magistero di questo Papa, la famiglia è un tema centrale, presente in ogni ambito del suo insegnamento all'uomo di oggi  perché il matrimonio e la famiglia stanno nel pensiero di Dio creatore fin dal principio. Dio infatti, creando la persona umana, l'ha chiamata all'esistenza "per amore", l'ha plasmata "a sua immagine e somiglianza", maschio e femmina l'ha creata, ed ha affidato alla coppia umana il compito di vivere e trasmettere l'amore ( ...e i due saranno una sola carne, Genesi 2,24 ) di generare la vita ("siate fecondi e moltiplicatevi" Genesi 1,28)
Attraverso la lettura originaria dell'esperienza di Adamo, icona di ogni uomo, come è narrata nel nella Genesi, Giovanni Paolo II coglie  i  costitutivi della persona umana.
Nel mondo, solo l'uomo può dire "io", con una solitudine originaria, creata dalla sua soggettività   che comprende di essere essenzialmente altro dalle cose che lo circondano. Ma nello stesso tempo l'uomo  sente il bisogno originario di comunicare con gli altri con la tensione alla comunione per cui il suo "io" si trova costituzionalmente legato all'altro. Questa connessione è l'essenza e la definizione dell'amore che indica la perfetta realizzazione del rapporto fra le persone.
Giovanni Paolo II non si stancherà mai di ripetere che l'amore è "la realizzazione più completa delle possibilità dell'uomo". La persona è nella misura in cui ama per cui il mio bene è legato al bene dell'altro. Questa è la logica del dono che viene negata dall'individualismo dominante dove il rapporto è caratterizzato "dall'uso dell'altro".
Il malessere di cui soffre oggi  il matrimonio e la famiglia, secondo il Papa, dipende dal collasso della soggettività umana.
La ragione oggi nega la possibilità di costituire un autentico vincolo coniugale.
Ai  termini come "dono di sé", "paternità/maternità", " amore" si danno significati diversi, spesso contrari per sfiducia nella  capacità di conoscere queste realtà spirituali, spesso negando che questa realtà spirituale esista.  La conseguenza è che anche nell'ordinamento giuridico "matrimonio" e "famiglia" sono parole che possono ricevere qualsiasi contenuto.
Quale terapia propone Giovanni Paolo II? La riproposizione del Vangelo del matrimonio.
Gesù Cristo sa che cosa c'è nel cuore dell'uomo.
E' necessario educare i giovani introducendoli alla verità e alla bellezza di un incontro con Cristo che svela all'uomo e alla donna tutta la ricchezza della loro umanità.
Le riflessioni che seguono sono prese dalle catechesi del Papa dedicate all'antropologia e alla "teologia del corpo" con un approccio originale alla sessualità umana partendo dalla "preistoria teologica" dell'uomo, il dramma del peccato che ne aveva offuscato la bellezza e la restaurazione operata dalla redenzione di Cristo.

A colloquio con Cristo sui fondamenti della famiglia

Nel Vangelo di  San Matteo (19,3) e di San Marco (10)  troviamo il colloquio di Gesù con i farisei che gli ponevano il quesito sulla indissolubilità del matrimonio. La domanda è :" E' lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?"
Gesù per rispondere si richiama due volte al "principio" facendo chiaro riferimento alle parole della Genesi 1,27 e 2,24. Cristo non si limita solo alla citazione di Gn 1,27: il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse (Gn 2,24): "per questo  l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola", ma Gesù, delle parole della Genesi sottolinea  "che non sono più due, ma una carne sola. Quello che Dio ha congiunto l'uomo non separi".  Quel " non lo separi" è determinate perché Cristo enuncia il principio di unità e indissolubilità del matrimonio come contenuto stesso della parola di Dio espressa nella più antica rivelazione.
Nel primo racconto della creazione l'oggettiva definizione dell'uomo

Gn 1,26 "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò. Dio li benedisse  e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate". In questo brano l'uomo è definito in modo più metafisico che fisico, nella sua dimensione dell'essere. L'entità del bene e del valore che troviamo nel ritmo di  quasi tutti i giorni della creazione raggiunge il culmine dopo la creazione dell'uomo Gn.1, 31) "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona."
Nel secondo racconto della creazione la definizione soggettiva dell'uomo
Gen 2 presenta la creazione dell'uomo specialmente nell'aspetto della sua soggettività.
E' la più antica descrizione e registrazione dell'autocomprensione dell'uomo, e insieme a Gn 3, è la prima testimonianza della coscienza umana. Le parole che direttamente descrivono l'unità e indissolubilità del matrimonio si trovano in Gn.2,18-23 [1].  Subito dopo questi versetti inizia con Gn. 3  il racconto della prima caduta collegato con l'albero della conoscenza del bene e del male.

La situazione  iniziale è  dell'innocenza originaria dell'uomo che  si trova fuori dalla conoscenza del bene e del male.
La seconda situazione è quella in cui l'uomo, dopo aver trasgredito al  comando del Creatore per suggerimento dello spirito maligno simboleggiato dal serpente, si trova dentro la conoscenza del bene e del male.
Legame tra innocenza originaria e redenzione operata da Cristo
Quando Gesù, nel rispondere al quesito dei farisei si richiama alle parole scritte nella Genesi, riferendosi al "principio" richiama  allo stato di innocenza originaria dell'uomo che non ha perduto il suo valore, anche se l'uomo ha perduto l'innocenza.
Lo stato "storico" di ogni uomo che nasce, affonda le sue radici nella propria preistoria
"teologica" che è lo stato  dell'innocenza originaria. Gia in Gn.3,15 è annunciata la vittoria su satana riportata da Gesù Cristo. La redenzione del corpo garantisce la continuità e l'unità con lo stato originario sebbene questa innocenza sia stata storicamente perduta.
La creazione come dono  fondamentale e originario

In Gn.2,25 la frase "Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie ,ma non ne provavano vergogna"indica che la situazione originaria non conosce  rottura o contrapposizione fra ciò che è spirituale e ciò che nell'uomo è determinato dal sesso: ciò che è maschile e femminile. L'originario significato della nudità corrisponde  ad  una pienezza di visione nella quale la comprensione del significato del corpo nasce dalla loro comunità-comunione sponsale. Quindi "in principio" l'uomo e la donna emergono con questa coscienza del significato del corpo maschile e femminile  in una visione unitaria della bontà della creazione divina.
La creazione, come azione di Dio, significa non solo chiamare dal  nulla l'esistenza, ma è anche donazione, una donazione dove il dono sorge dal nulla. Di conseguenza ogni uomo che nasce porta in sé il segno del dono originario e fondamentale. L'uomo è colui che , in mezzo al mondo, ha ricevuto in dono  la donna,  e viceversa.

La rivelazione e la scoperta del significato sponsale del corpo

In Gn. 2,20 l'uomo si sente solo in quanto nessuno degli altri esseri viventi sulla terra gli offre le condizioni di base che rendano possibile una condizione di dono reciproco.
L'uomo ha bisogno di esistere con qualcuno e ancora più profondamente di esistere per qualcuno.
Comunione di persone significa esistere in una relazione di reciproco dono.
Quando il primo uomo, alla vista della donna esclama: "E' carne della mia carne e osso delle mie ossa" ( Gn.2,23) afferma l'identità umana di entrambi, e sembra dire: ecco un corpo che esprime la persona, è il corpo umano nella sua verità originaria di mascolinità e femminilità che manifesta la reciprocità e la comunione delle persone. La mascolinità - femminilità, cioè il sesso, è il segno originario di una presa di coscienza da parte dell'uomo di una donazione creatrice.
Gn 2,24 parla della finalizzazione della mascolinità e femminilità dell'uomo nella vita dei coniugi-genitori. Unendosi fra loro così strettamente da diventare "una sola carne", sottopongono la loro umanità alla procreazione di cui parla Gn 1,28. L'uomo prende coscienza della finalità della mascolinità e della femminilità, cioè della propria sessualità. Nello stesso tempo la nudità originaria, reciproca e non gravata di vergogna, esprime che l'uomo è libero dalla costrizione del proprio corpo e del proprio sesso.
L'uomo-persona diventa dono nella libertà dell'amore

Alla radice della nudità c'è il dono disinteressato di se stessi,  nell'incontro originario l'uomo accoglie interiormente la donna "per se stessa" come è stata voluta dal Creatore, come è stata costituita ad  immagine di Dio e la donna accoglie l'uomo "per se stesso" come è stato voluto dal Creatore, come è stato costituito ad immagine di Dio. In questo consiste la rivelazione sponsale del corpo. Il corpo umano, orientato interiormente dal dono sincero della persona, rivela non soltanto la mascolinità e la femminilità, ma anche un valore ed una bellezza tali da superare la semplice dimensione della sessualità.
                                                                                             


[1] Gn 2,18-23 :" Poi il Signore Dio disse" Non è bene che l'uomo sia solo:gli voglio fare un aiuto che gli sia simile" Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una costola e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: " Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta".Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno ua sola carne. Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna.

Famiglia soggetto e capitale sociale, palestra di democrazia

La famiglia è la palestra per una vera democrazia e quindi riscoprire la sua centralità significa imboccare una strada buona per educare alla democrazia.
La democrazia per sua natura richiede assenso, fiducia, partecipazione, richiede di essere generata continuamente da un bene comune che può essere prodotto solo dalla famiglia e poi viene vissuto nella società e genera un ordine sociale giusto,  pacifico.
La salute della famiglia e la salute della democrazia sono interdipendenti.
E questo lo possiamo constatare dalla crisi che stanno vivendo entrambe ma si potrebbe allargare la connessione della crisi che sta vivendo la famiglia con la crisi della politica, dell'economia, della finanza, dell'ambiente.
E' necessaria una visione organica dei rapporti tra famiglia, impresa, ambiente, comunità, economia, finanza , politica, perché questi elementi hanno bisogno di essere tenuti insieme e solo da Dottrina sociale della Chiesa ha una dimensione interdisciplinare sia nella teoria che nella prassi.
Siamo abituati a pensare che la società moderna sia nata da grandi rivoluzioni politiche, ma questa è una visione parziale, ideologica.
Sono state le associazioni della società civile che hanno costruito la sfera pubblica su cui è sorto lo Stato nazione.
Sono state le famiglie che hanno costruito il mercato.
Purtroppo le famiglie e le associazioni che hanno dato vita alla società moderna si sono fatte "fagocitare" dalle loro stesse creature : Stato e mercato.
Nel corso del processo storico durante il quale si è costruita la modernità, le famiglie, da soggetti attivi, sono diventate soggetti residuali , a supporto dello Stato per quanto riguarda i servizi che questo non riesce a dare, a supporto del mercato per quanto riguarda i consumi.
La naturale soggettività sociale della famiglia è stata soffocata da una cultura che la stimola al disfacimento relegandola ad una "relazione minimale" attraverso il primato dello Stato, oppure ad una "relazione stabile impossibile" attraverso il primato del mercato.
Il riconoscimento alla famiglia tende a ridursi sempre di più con l'assorbimento attraverso il welfare di un numero sempre maggiore di funzioni che le sono proprie , in primis l'educazione e l'assistenza.
Ci sono modelli di sviluppo che generano stili di vita incapaci di coesione sociale.
L'attuale modello di sviluppo ha instaurato uno stile di vita e un ordine sociale che ha indebolito, lacerato la famiglia.
E' il modello dello Stato assistenziale , imperniato su Stato, mercato, individuo.
Per un nuovo modello di sviluppo che sia sostenibile , è necessario concepire la crescita economica integrata dall'umanizzazione della persona.
Il luogo per eccelleza dove può avvenire l'umanizzazione della persona è la famiglia sana.
E' nella famiglia che il nuovo nato può apprendere l'amore gratuito, il dono di sè, prende coscienza che il suo bene è legato al bene dell'altro. (Nell'individualismo dominante il rapporto è caratterizzato dall'uso dell'altro)
Famiglia soggetto sociale
Se vogliamo invertire la rotta, è necessario mettere la società nelle condizioni di riacquistare la sua autonomia valorizzando e promuovendo prima di tutto la famiglia e l'associazionismo familiare attraverso i principi di sussidiarietà, solidarietà e partecipazione che troviamo ben espressi, nell'art. 3 della nostra Costituzione quando ci dice che possiamo parlare di sviluppo completo attraverso " l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese".
Finora non è stato possibile applicare correttamente questi principi per 3 motivi:
1) non ci può essere sovranità popolare senza l'autonomia della famiglia e della società che si articola nella famiglia. ( La famiglia nel nostro sistema ha una posizione privatistica e marginale)
2) è necessario il primato del lavoro sul capitale e questo è possibile solo se la famiglia diventa comproprietaria dei mezzi di produzione ( il nostro modello ha il primato del capitale sul lavoro)
3) è necessaria la compartecipazione dei lavoratori all'impresa affinchè il lavoro imperniato sulla struttura della famiglia abbia motivazioni, obiettivi e finalità diverse dal lavoro staccato dal tessuto sociale.
Famiglia capitale sociale
Che la persona abbia bisogno di vivere con qualcuno e per qualcuno, lo dimostrano anche gli studi sociali ed economici più recenti, dove si rileva che il benessere è derivato in misura determinante da quella rete di relazioni extraeconomiche ed extra politiche in cui le persone mostrano e praticano la fiducia reciproca e seguono norme di cooperazione, solidarietà, reciprocità.
Queste relazioni interpersonali che generano un arricchimento umano reciproco sono il capitale sociale, cioè quel tessuto che rende possibile la buona convivenza e che costituisce il substrato sul quale può attecchire un processo politico ed economico etico.
Qualità e responsabilità della famiglia per essere ciò che è nella sua natura
Vediamo brevemente quali sono le qualità della famiglia che generano capitale sociale:
•·        Prima qualità : La famiglia è il luogo dove si sperimenta in modo unico le diversità radicali dell'umano : la differenza sessuale e la differenza fra generazioni. All'origine stessa della famiglia c'è la diversità fra maschile e femminile. L'altra diversità radicale è quella fra generazioni che crea una scala gerarchica per età: nonni, genitori e figli che stanno su un piano diverso. La famiglia è lo strumento naturale e culturale più efficace per poter conciliare queste differenze radicali perché sa costruire un legame tra queste persone. Se pensiamo al problema dell'accoglienza della diversità che oggi con la globalizzazzione è molto sentito, capiamo che solo con il percorso educativo e di riconoscimento delle diversità dentro alla famiglia è possibile avere cittadini capaci di accogliere le diversità sia come multiculturalità, o disabili, o emarginati.
•·        Seconda qualità :La famiglia non è solo un fatto privato, ma con il matrimonio gli sposi si prendono un impegno pubblico e vanno a formare una nuova realtà con una pubblica assunzione di responsabilità soprattutto in ordine alla generazione e all'educazione dei figli.
•·        Terza qualità : la famiglia vive di legami buoni. Già all'origine del patto coniugale c'è la volontà di unirsi, di donarsi reciprocamente nel desiderio di condivisione.
•·        Quarta qualità :La famiglia è l'ambito educativo primario.
L'atto educativo è il più grande atto perchè rende l'uomo capace di essere persona.
L'educazione è introdurre la persona umana nella realtà, darle strumenti per leggere la realtà, proporle un progetto di vita che risponda all'unico vero bisogno dell'uomo: quello di vivere una vita che abbia un senso.
Nella famiglia è evidente che non ci facciamo da noi, tutti sono dipendenti uno dall'altro e ogni identità personale viene costruita e ricostruita attraverso la storia familiare. La famiglia dunque riequilibra il rischio dell'educazione come soggettività, cioè quello di creare un individuo che rimane l'unico metro di giudizio della realtà e che vede solo se stesso.
Ma le famiglie devono prendere consapevolezza di essere generatrici di capitale sociale, del proprio ruolo sociale, della propria responsabilità pubblica, della propria soggettività autonoma di fronte all'agire del sistema politico,amministrativo ed economico.Occorre una maggiore consapevolezza e una maggior pratica dell'agire sociale della famiglia perchè non basta ripetere "ripartiamo dalla famiglia"o "mettiamo la famiglia al centro "come uno slogan teorico.
La famiglia si deve assumere delle responsabilità perchè solo a partire da una presenza reale di " fatti sociali" prodotti direttamente dalla famiglie, sarà possibile esigere dalla politica e dall'economia una reale " cittadinanza sociale della famiglia".
La cittadinanza sociale della famiglia presuppone l'assunzione di una serie di responsabilità che la famiglia stessa sceglie di assumersi e che sintetizzo in questi 4 punti.
•·        quella di crescere ed educare delle persone responsabili, costruttrici di bene. La famiglia non può essere espropriata da tale compito,ma sostenuta dal contesto sociale e politico, e sostituita solo in caso di incapacità;
•·        quello di costruire legami buoni fra i suoi membri;
•·        avere capacità di aprire queste buone relazioni interne oltre i confini familiari: al vicinato, a chi è nel bisogno;
•·        essere capaci di associazionismo familiare per attivare azioni che sono rivolte alle famiglie coinvolte ed eventualmente ad altre famiglie che presentano esigenze sociali simili.
Le associazioni familiari non sono organizzazioni di volontariato che aiutano altri per altruismo o benevolenza.
Sono fatte da soggetti che vogliono operare su di sé sia direttamente sia indirettamente attraverso altre famiglie con cui condividono lo stesso obiettivo. Bisogna saper vedere le associazioni familiari come parte di quella società civile che non si identifica più con il mercato o con l'opinione pubblica dominante, ma con quelle reti organizzate di solidarietà primaria e secondaria che esprimono una nuova soggettività della società.

martedì 10 aprile 2012

IL LEGAME FRA SPIRITUALITA' E LAVORO. Sue ricadute sul benessere sociale.

Nel dibattito pubblico e privato di questi mesi sulla crisi di lavoro, disoccupazione giovanile, tipologie di lavoro, articolo 18, mobilità, pensioni, manca una riflessione di fondo su: che cosa è il lavoro, qual'è la sua motivazione?
Queste riflessioni sono indispensabili perchè ritrovi dignità e valorizzazione l'uomo soggetto e artefice del lavoro.
Il denaro è diventato il perchè e la motivazione principale o unica dell'impegno al lavoro e chi paga il lavoratore non compra solo le sue prestazioni, ma anche le sue motivazioni e quindi la libertà della persona.
L'etica del "lavoro ben fatto" come coincidenza fra vocazione e senso umano del lavoro, come dignità della professione stessa, sta scomparendo e la crisi che stiamo vivendo ci costringe a riscoprire il valore dell'esperienza spirituale dell'uomo che lavora.
Per rilanciare veramente l'occupazione occorre liberare le energie spirituali che in questi decenni sono state soffocate dalla burocrazia, dall'eccessiva occupazione nel settore pubblico, che ha prodotto beni e servizi inadeguati o inutili per l'incapacità anche temporale di adeguarsi rispetto ai bisogni della gente. Solo chi è vicino ai problemi ha gli elementi necessari per fare scelte giuste come impresa ed in economia.
Ogni epoca ha una differente situazione del mondo del lavoro che necessita di essere ripensato nel proprio contesto locale socio economico.
I nuovi lavori dovrebbero nascere dal basso, dai cittadini e dalla società civile, dall'intreccio fra cultura e conoscenza tacita e specifica accumulata nelle scelte quotidiane,  che è l'unica conoscenza utile ed indispensabile per fare scelte produttive giuste.
Il termine "spirituale"  nell'uso corrente viene interpretato come distacco dal mondo, mentre è proprio di chi è inserito nel mondo: l'arte, la scienza, la civiltà appartengono alla sfera spirituale.
Questo distacco si è prodotto gradualmente nel corso della modernità in cui sono avvenute le principali biforcazioni fra "senso" del lavoro e vita dell'uomo.
Il processo di industrializzazione come culmine della modernità sul versante economico produttivo ha contribuito ad approfondire il solco fra "senso " del lavoro ed "utilità del lavoro", di ciò che viene prodotto. Inoltre la diffusa frattura fra fede e cultura ha fatto emergere prevalentemente gli aspetti oggettivi del lavoro, ciò che l'uomo realizza con il suo fare, separandolo dal suo protagonista come persona in relazione (aspetto soggettivo).
Come conseguenza il lavoro è stato considerato alla stregua di un ingrediente del processo produttivo di cui si valutano i costi (da rendere minimi) e l'utilità (da massimizzare). Oggi quello che più manca nel discorso sul lavoro è la sottolineatura delle sue dimensioni spirituali che sono il motivo per cui il lavoratore è felice del suo oggetto, non solo per quanto viene pagato e gli consente di vivere, ma soprattutto perchè vi trova la soddisfazione di aver escogitato e creato qualche cosa di suo, che lo esprime e lo avvicina al Creatore. Alla base della spiritualità vi è la credenza nella divinità e la spiritualità cristiana è di natura soprannaturale . Un testo fondamentale per quanto riguarda il lavoro è il primo capitolo della Genesi, (che Giovanni Paolo II nella LE n. 25 chiama "Il primo Vangelo del lavoro") dove il lavoro si identifica completamente conl' amore: quello di Dio che crea dal nulla. In questo modo viene creato anche l'uomo a cui Dio affida il perfezionamento della sua opera dotandolo a sua immagine di sostanza spirituale. Gesù Cristo con le sue parole, le parabole e la vita di un lavoratore ha veramente proclamato " Il Vangelo del lavoro" le cui linee essenziali possono essere fornite da:
•·       Lavoro come partecipazione all'opera del Creatore
•·        Lavoro come unione reale con Gesù Cristo vivente, l'uomo del lavoro che insegna come ci si deve accostare alle cose di questo mondo e farne uso; ci insegna il primato dei valori spirituali su quelli di ordine economico.
•·        Lavoro umano alla luce della croce e della risurrezione di Gesù Cristo che ci ha tracciato la strada per ricostituire con il suo aiuto il nostro ordine interiore e di conseguenza riportare l'ordine nella società e nel creato.
Per poter calare nelle realtà temporali questo annuncio di salvezza attraverso il nostro lavoro è necessario invocare l'aiuto dello Spirito Santo. Benedetto XVI ci ricorda che: "Quello che è l'aria per la vita biologica,  lo è lo Spirito Santo per la vita spirituale" che necessita di vita sacramentale. Se si perde la consapevolezza che l'impegno solidale fra uomini ha origine nell'Eucarestia, se si dimentica che la riconciliazione non può essere frutto solo d'impegno umano (sempre debole), ma è opera della Grazia nel sacramento della riconciliazione, se non si educa a vivere continuità fra assemblea liturgica e vita quotidiana non ci si può lamentare dei danni della secolarizzazione.
La nostra esperienza ci fa capire che il lavoro, in generale , non si limita ad essere un mezzo di esistenza "corporale",  ma sviluppa la persona e modifica il mondo. Questo, tra i viventi , è possibile solo all'uomo in quanto sostanza materiale e spirituale dunque intelligente e libera, dotata di volontà e di autodominio,  capace di proiettarsi fuori di sè verso l'infinito e poi verso gli esseri creati e di volere il loro bene anche con sacrificio. Tutti gli altri esseri creati sono chiusi in se stessi nella ricerca della propria soddisfazione. Ogni considerazione sul valore del lavoro non puo che cominciare dall'uomo e dalla sua dignità in quanto immagine e somiglianza del Creatore e quindi sostanza anche spirituale.
Se non si concepisce l'uomo anche come spirito non si può comprendere la dignità del lavoro nelle sue espressioni più modeste e non si riesce a considerare il suo valore come superiore ai beni materiali. Da qui nasce la necessità di organizzare il lavoro in virtù delle necessità materiali e spirituali della persona e della sua famiglia. Nell'enciclica LE, Giovanni Paolo II fa emergere il senso umano, familiare e sociale del lavoro in 3 cerchi di valori:
•·       Dimensione personale del lavoro umano e la sua dignità . " Il lavoro è un bene dell'uomo, è un bene della sua umanità, perchè mediante il lavoro l'uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo, anzi, in un certo senso diventa più uomo" (LE 9)
•·       Famiglia come termine di riferimento per un ordine etico del lavoro umano. "Il lavoro è il fondamento su cui si forma la vita familiare, la quale è un diritto naturale ed una vocazione dell'uomo."...."Lavoro e laboriosità condizionano anche tutto il processo di educazione nella famiglia, proprio per la ragione che ognuno"diventa uomo", fra l'altro, mediante il lavoro, e quel diventare uomo esprime appunto lo scopo principale di tutto il processo educativo"...."La famiglia è al tempo stesso una comunità resa possibile dal lavoro e la prima interna scuola di lavoro per ogni uomo" (LE 10)
•·        Lavoro e società. " Nella prospettiva di uomo soggetto del lavoro , emerge quella grande società alla quale l'uomo appartiene in base a particolari legami culturali e storici"..."Tale società è anche una grande incarnazione storica e sociale del lavoro di tutte le generazioni. Tutto questo fa si che l'uomo unisca la sua più profonda identità umana con l'appartenenza alla nazione ed intenda il suo lavoro anche come incremento al bene comune, elaborato insieme ai suoi compatrioti, rendendosi così conto che per questa via il lavoro serve a moltiplicare il patrimonio di tutta la famiglia umana, di tutti gli uomini viventi nel mondo."(LE 10)
Oggi la principale risorsa dell'economia è quella umana nella sua capacità di conoscenza e di relazione produttiva ( dimensione spirituale).
Questa trasformazione comporta grandi cambiamenti sul contenuto e sulla forma delle prestazioni lavorative ed anche sui pilastri di protezione sociale.
Perchè il lavoro serva al vero bene dell'uomo e dell'umanità, occorre che sia pervaso da una cultura rinnovata dal Vangelo di Gesù Cristo:
•·       il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro
•·        l'uomo è per Dio : non di solo pane vive l'uomo
•·       il lavoro ha il primato sul capitale
•·       il lavoro è un bene per l'uomo
Nella "Caritas in Veritate" ( CV) al n.1, Benedetto XVI scrive:" La carità ( amore ) nella verità, di cui Gesù Cristo si è fatto testimone con la sua vita terrena e , soprattutto con la sua morte e resurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera". Nella "Spe Salvi" al n. 15 scrive :"Nessuna positiva ristrutturazione del mondo può riuscire là dove le anime inselvatichiscono".
Al n. 76 della CV scrive:" Uno degli aspetti del moderno spirito tecnicistico è riscontrabile nella propensione a considerare i problemi ed i moti legati alla vita interiore soltanto da un punto di vista psicologico, fino al riduzionismo neurologico. L'interiorità dell'uomo viene così svuotata e la consapevolezza della consistenza ontologica dell'anima umana, con le profondità che i santi hanno saputo scandagliare, progressivamente si perde. Il problema dello sviluppo è strettamente collegato anche alla nostra concezione dell'anima dell'uomo, dal momento che il nostro " io" viene spesso ridotto alla psiche e la salute dell'anima è confusa con il benessere emotivo. Queste riduzioni hanno alla loro base una profonda incomprensione della vita spirituale e portano a disconoscere che lo sviluppo dei popoli, invece, dipende anche dalla soluzione di problemi di carattere spirituale."..."Lontano da Dio l'uomo è inquieto e malato. L'alienazione sociale e psicologica e le tante nevrosi che caratterizzano le società opulente rimandano anche a cause di ordine spirituale"....."Le nuove forme di schiavitù della droga e la disperazione in cui cadono tante persone trovano una spiegazione non solo sociologica e psicologica, ma essenzialmente spirituale. Il vuoto in cui l'anima si sente abbandonata, pur in presenza di tante terapie per il corpo e per la psiche, produce sofferenza. Non ci sono sviluppo plenario e bene comune universale senza il bene spirituale e morale delle persone, considerate nella loro interezza di anima e di corpo."
Al n. 77 CV :" L'assolutismo della tecnica tende a produrre l'incapacità di percepire ciò che non si spiega con la semplice materia. Eppure tutti gli uomini sperimentano i tanti aspetti immateriali e spirituali della loro vita. Conoscere non è solo un atto materiale, perchè il conosciuto nasconde sempre qualcosa che va al là del dato empirico. Ogni nostra conoscenza, anche la più semplice, è sempre un piccolo prodigio, perchè non si spiega mai completamente con gli strumenti materiali che adoperiamo. In ogni verità c'è più di quanto noi stessi ci saremmo aspettati, nell'amore che riceviamo c'è sempre qualcosa che ci sorprende."

sabato 10 marzo 2012

La responabilità sociale dell'impresa

La storia della RSI è recente e si è soliti farla iniziare dal contributo dato da Bowen nel 1953 che contiene una prima definizione di RSI. Solo con il fenomeno della globalizzazione, a partire dalla fine degli anni settanta, è scoppiata la problematica della RSI. Nonostante numerosi studi e dibattiti degli ultimi 30 anni non esiste ad oggi una definizione largamente condivisa della RSI e siamo ancora in uno stato privato di definizioni. L'idea dominante è che l'azione economica è neutrale in quanto le relazioni sociali che transitano per il mercato non avrebbero alcun bisogno di essere assoggettate ad un giudizio etico. L'ancoraggio etico della RSI trova non poche difficoltà ad essere accolto anche perchè la globalizzazione aumenta la distanza fra azione e conseguenze ultime dell'azione e le imprese tendono a prestare poca attenzione a ciò che non è rilevabile quantitativamente a breve termine. Il rapido mutamento tecnologico che connota la terza rivoluzione industriale tende a ridurre la capacità di valutare i rischi e gli esiti. Bisogna convenire con Bauman che "oggi l'organizzaione nel suo complesso è uno strumento per la cancellazione della responsabilità". I giudizi critici della RSI sostengono che questa possa servire da paravento per consentire ad imprese senza scrupoli morali di eliminare o ridurre la forza competitiva dei rivali. Un'altra critica denuncia la possibilità che i comportamenti socialmente responsabili possano occultare la logica del puro business ( per l'impresa conta solo il risultato economico misurato come profitto). Non possiamo considerare socialmente responsabile l'impresa che mentre produce ricchezza non difende i diritti umani, non rispetta l'integrità morale delle persone e poi diventa compassionevole solo nel momento della distribuzione della ricchezza prodotta. E' la logica della pura filantropia. La critica di fondo alla RSI è contenuta nell'affermazione di Friedmann: "poche tendenze possono minacciare le fondamenta stesse della nostra libera società come l'accettazione da parte dei responsabili dell'impresa di una responsabilità sociale che sia altro che fare tanti più soldi possibili per i loro azionisti". I critici della RSI sono invece d'accordo sul punto che il profitto da parte dell'impresa deve avvenire nel rispetto delle norme legali vigenti. Sappiamo bene che i processi di legiferazione non seguono mai in tempi rapidi l'evoluzione delle vicende economiche in una dinamica sociale accelerata come quella attuale e poi che cosa garantisce che quello che viene fissato dalla legge venga effettivamente adempiuto? Sul tema della RSI si stanno diffondendo diversi documenti che vengono redatti al fine di garantire all'impresa una "buona reputazione": bilancio sociale, codice etico, certificazione etica, bilancio di sostenibilità, da non confondersi con la certificazione di qualità. [1] Il fondamento della " buona reputazione "è debole perché l'orizzonte etico del contrattualismo nel quale viviamo è quello dell'individualismo, in cui, se c'è la possibilità di trasgredire la norma senza intaccare la propria reputazione, questo viene fatto. Dobbiamo convenire che l'esecutorietà di una norma dipende prima di tutto dalla costituzione morale della persona cioè dalla sua motivazione interna prima che da sistemi esterni. Quale ancoraggio etico è in grado di offrire un sostegno più solido alla RSI? E' l'etica delle virtù.  Per fare solo un esempio, se consideriamo il rapporto fra l'impresa ed il dipendente, questo rapporto può assumere le forme "dello scambio sociale" oppure dello "scambio di mercato". Nel primo caso sono determinanti l'onestà, la lealtà, il senso del dovere, l'attaccamento alla missione, la responsabilità: tutti elementi che non sono misurabili. Nel secondo caso tutto passa attraverso schemi di incentivi ai soli fini della produttività. Il lavoratore accetterà di entrare in uno "scambio sociale" solamente se l'imprenditore si comporta da soggetto morale che mette in pratica il principio di reciprocità. Il principio di reciprocità ha fondamento nella categoria della fratellanza degli uomini che è stata introdotta da Gesù Cristo. La fratellanza universale non è un sentimento che si esaurisce nella dimensione affettiva, ma è un vincolo ontologico dell'umanità. E' Dio che sta a fondamento della dignità dell'uomo davanti agli altri uomini e della loro radicale uguaglianza e fraternità a qualsiasi razza, sesso,cultura,classe appartengano. Il lavoro, in qualsiasi luogo si svolga: famiglia, azienda, scuola, ente pubblico, rappresenta una dimensione fondamentale dell'esistenza umana non solo come partecipazione all'opera della creazione, ma anche della redenzione. Chi svolge il suo lavoro nello stile insegnato da Gesù Cristo, coopera con lui nella sua opera redentrice. E' necessario prendere coscienza che il termine lavoro indica il duplice carattere dell'attività umana: "positivo" se l'uomo lavora per l'unità del creato valorizzando se stesso nell'ordine stabilito da Dio; "negativo" se lavora per affermare se stesso sfruttando ed utilizzando gli altri per suo beneficio personale. Questo duplice volto è uno dei criteri fondamentali per la valutazione di un sistema economico come ha ben espresso Giovanni Paolo II nella Laborem Exercens: " Il lavoro umano è una chiave e probabilmente la chiave essenziale di tutta la questione sociale, se cerchiamo di vederla veramente dal punto di vista del bene dell'uomo". Nello svolgimento della sua attività economica mediante la produzione di beni e servizi, l'impresa svolge di conseguenza una funzione sociale creando opportunità d'incontro, di collaborazione, di valorizzazione delle capacità delle persone coinvolte. Pertanto nell'impresa la dimensione economica è condizione per il raggiungimento di obiettivi non solo economici, ma anche sociali e morali da conseguire congiuntamente a tutti quelli che vi collaborano. In particolare, in questo momento di emergenza educativa, è necessario che l'impresa prenda coscienza del ruolo fondamentale della famiglia nell'educazione dei giovani ed indirizzi la sua responsabilità sociale in particolare verso la famiglia e l'armonizzazione dei tempi famiglia-lavoro. L'etica delle virtù ci consente di realizzare il bene mediante le opere e la vita virtuosa è la vita migliore non solo per gli altri ma anche per se stessi. Ecco perché è importante la diffusione più larga possibile delle virtù civiche attraverso l'educazione e le opere e l'impresa è uno degli attori principali.
[1] Bilancio sociale Tra gli strumenti di responsabilità sociale il Bilancio Sociale rappresenta l'esito di un processo e non undocumento fine a se stesso: "Il bilancio sociale è l'esito di un processo con cui l'amministrazione rende conto delle scelte, delleattività, dei risultati e dell'impiego di risorse in un dato periodo, in modo da consentire ai cittadini e ai diversi interlocutori diconoscere e formulare un proprio giudizio su come l'amministrazione interpreta e realizza la sua missione istituzionale e il suomandato".

Codice etico Il Codice Etico è l'altra faccia del Bilancio Sociale. Infatti dalla missione aziendale si possono diramare due attivitàconcomitanti, una più generale rivolta al controllo delle politiche d'impresa (il Bilancio Sociale), l'altra ai comportamenti individuali (il Codice Etico). E' un mezzo efficace a disposizione delle imprese per prevenire comportamenti irresponsabili o illeciti da parte di chi opera in nome e per conto dell'azienda, perché introduce una definizione chiara ed esplicita delle responsabilità etiche e sociali dei propri dirigenti, quadri, dipendenti e spesso anche fornitori verso i diversi gruppi di stakeholder.

Certificazione etica L'impegno etico e sociale di un'impresa oltre ad essere testimoniato dal proprio Codice etico e/o Bilancio sociale, può anche essere certificato. Questo nuovo standard internazionale di certificazione che riguarda:il rispetto dei diritti umani, il rispetto dei diritti dei lavoratori, la tutela contro lo sfruttamento dei minori, le garanzie di sicurezza esalubrità sul posto di lavoro è denominato SA 8000. Questa norma non nasce nello stesso modo in cui si sono sviluppate le certificazioni tecniche (es. ISO 9000), cioè da parametri stabiliti da comitati di esperti nazionali di un settore specialistico che formalizzano tali scelte in norme da far condividere a livello nazionale ed internazionale percorrendo un lungo ciclo che si allarga dall'Europa (EN) fino al mondo (ISO). SA 8000 nasce dal CEPAA (Council of Economical Priorities Accreditation Agency, www.cepaa.org ), emanazione del CEP (Council of Economic priorities), istituto statunitense fondato nel 1969 per fornire agli investitori ed ai consumatori, strumenti informativi per analizzare le performance sociali delle aziende. Il CEPAA ha per missione lo scopo di rendere le organizzazioni in grado di essere socialmente responsabili, riunendo i principali stakeholder per sviluppare standard volontari basati sul consenso, accreditando organizzazioni qualificate per verificare la conformità, promuovendo la conoscenza e comprensione dello standard e incoraggiandone l'attuazione a livello mondiale. L'organismo riunisce 21 membri, in rappresentanza delle organizzazioni sindacali, delle organizzazioni non governative, di associazioni che tutelano i diritti umani e dell'infanzia, di imprese che investono in modo socialmente responsabile, dei società di certificazione. Lo standard e le relative procedure di accreditamento e certificazione nascono in un ottica globale e transnazionale, pur recependo le peculiarità normative locali.
Bilancio di sostenibilità Si tratta di un documento che riporta in maniera completa e trasparente i risultati raggiunti, le performance economiche ottenute, i dati riguardanti le risorse umane, i progetti sviluppati a supporto dei clienti, l'attenzione al miglioramento dell'impatto ambientale, le iniziative rivolte alla collettività e la strategia per gli anni a venire.
Certificazione di qualità Certificare la qualità vuol dire essenzialmente documentare ogni fase del processo aziendale, dallaproduzione alla gestione dei materiali, dal controllo della produzione alla gestione dei documenti. L'obiettivo è quello di controllare tutte le fasi del processo che genera il prodotto o il servizio e non, come a volte erroneamente si ritiene, il controllo di qualità el prodotto o del servizio. Dopo la certificazione, l'Azienda è sottoposta a visite di sorveglianza, che vengono generalmente effettuate con frequenza annuale, con procedure analoghe a quelle di valutazione, ma con verifiche circoscritte ad alcune aree o attività aziendali. La certificazione, di sistema o di prodotto, mettendo in trasparenza l'azienda, ne rende credibile la qualità dichiarata senza aggiungere nulla a quest'ultima e al modo in cui è conseguita. Le motivazioni possono essere di vario tipo; tutte sono legate al comune denominatore costituito dalla ricerca della competitività. Tuttavia la motivazione che si riscontra più spesso soprattutto nelle piccole imprese, è costituita non tanto da una convinzione interna quanto ad una specifica richiesta da parte del committente.

venerdì 27 gennaio 2012

I canali magici per un'alleanza intergenerazionale

La rivoluzione digitale ha modificato profondamente non solo il modo di comunicare, ma l'idea stessa di comunicazione che nel senso comune è vista come una " trasmissione d'informazione" mentre il suo significato originario è un atto di compartecipazione, incui tutti i partecipanti condividono un mondo utilizzando codici che siano comuni o che vanno costruiti assieme per intendersi. I nuovi media, come ogni evento, non sono neutrali nei confronti dell'identità umana e dei costumi e richiedono conoscenza del funzionamento e consapevolezza dei rischi e delle opportunità che possono offrire al fine di poter utilizzare questa tecnologia in continuo sviluppo per il bene della persona umana, per una sua crescita spirituale e relazionale, oggi così trascurate o vissute in maniere superficiale. Si tratta di ripensare e reinterpretare il legame antico e sempre nuovo, tra la tecnica, la verità e libertà. Nella CV al n. 79, Benedetto XVI sottolinea che «la tecnica, divenuta essa stessa un potere ideologico, esporrebbe l'umanità al rischio di trovarsi rinchiusa dentro un a priori dal quale non potrebbe uscire per incontrare l'essere e la verità. In tal caso, noi tutti conosceremmo, valuteremmo e decideremmo le situazioni della nostra vita dall'interno di un orizzonte culturale tecnocratico, a cui apparterremmo strutturalmente, senza mai poter trovare un senso che non sia da noi prodotto. Questa visione rende oggi così forte la mentalità tecnicistica da far coincidere il vero con il fattibile. Ma quando l'unico criterio della verità è l'efficienza e l'utilità, lo sviluppo viene automaticamente negato» e nel messaggio per la 45° giornata mondiale delle comunicazioni sociali il Papa scrive «Come ogni altro frutto dell'ingegno umano, le nuove tecnologie della comunicazione chiedono di essere poste al servizio del bene integrale della persona e dell'umanità intera. Se usate saggiamente, esse possono contribuire a soddisfare il desiderio di senso, di verità e di unità che rimane l'aspirazione più profonda dell'essere umano». L'importante è essere consapevoli che i media non sono dei mezzi, non sono puri strumenti, ma rappresentano un ambiente culturale che plasma la nostra coscienza ed è in grado di cambiare la nostra mentalità. Da un lato la multimedialità può unire potentemente, stimolare ad una partecipazione attiva, può favorire opere che recano impresso lo spirito del dono e che consentono di intraprendere un cammino di relazionalità, di comunione e di condivisione; dall'altro può intensificare l'isolamento, svuotare le relazioni personali impoverendole e riducendole a pure connessioni. Nel concreto rischia di venire soppressa proprio ciò che caratterizza la ricchezza della persona umana: l'amicizia, il rispetto, il dialogo. Se la logica è quella della manipolazione, il confine tra manipolare ed essere manipolati diventa estremamente labile. C'è oggi un preoccupante "scivolamento" nel lessico sui media, che tende a enfatizzare, sotto l'apparente neutralità di un gergo sempre più diffuso, la dimensione puramente tecnico-strumentale a scapito di quella antropologica e relazionale. Il fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare, con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici fa sì che la Chiesa "non può non impegnarsi sempre più profondamente nel mutevole mondo delle comunicazioni sociali. Per il cristiano può rappresentare una nuova opportunità per far conoscere la propria esperienza di fede in Gesù Cristo, dare testimonianza della speranza che ci suscita il suo amore e per stabilire relazioni autentiche I nuovi media rivelano un bisogno affettivo, di prossimità, di reciprocità, di ricerca aperta alla dimensione dell'infinito, di conoscenza sulle grandi domande dell'esistenza,che sono indice di bisogni vecchi e sempre nuovi per ogni uomo che vive in questo mondo." Il linguaggio di rete diventa allora un'opportunità ed aiuta a ritrovare spazi educativi ed intercettare domande di aiuto fino a ieri rimosse. La comunicazione intergenerazionale, in un rapporto di reciprocità n cui ciascuno ha qualche cosa da imparare dall'altro come dono, fuori dalla categoria dell'utile, è oggi fondamentale. Riconoscere lo spirito del dono significa riconoscere che la tecnica, come ogni linguaggio, non ci parla solo di noi stessi e del nostro ingegno ma, attraverso di esso, della verità che ci fonda. Nella CV al n. 77 Benedetto XVI osserva che : «Ogni nostra conoscenza, anche la più semplice, è sempre un piccolo prodigio, perché non si spiega mai completamente con gli strumenti materiali che adoperiamo. In ogni verità c'è più di quanto noi stessi ci saremmo aspettati, nell'amore che riceviamo c'è sempre qualcosa che ci sorprende. Non dovremmo mai cessare di stupirci davanti a questi prodigi. In ogni conoscenza e in ogni atto d'amore l'anima dell'uomo sperimenta un ‘di più' che assomiglia molto a un dono ricevuto, ad un'altezza a cui ci sentiamo elevati». La sfida della cultura digitale ci offre la possibilità di aspirare a qualcosa "di più" rispetto a quanto la tecnica rende disponibile, ci da la possibilità di passare dai dispositivi manipolabili (e manipolanti) all'ambiente abitabile. La rete, se si va al di là della logica del dispositivo, può essere il luogo in cui tentare la "nuova sintesi umanistica". A partire dal modo di abitare. Abitare è tipicamente umano perché presuppone un rapporto consapevole. Nel suo senso autentico, pienamente umano, abitare ha dunque a che fare con la questione del senso, dell'identità, della relazione: dare un ordine e una direzione allo spazio circostante a partire dai significati condivisi, allestire uno spazio di prossimità, ospitalità, incontro sono tutti aspetti legati alla modalità tipicamente umana dell'abitare. "Superare i confini e allacciare alleanze" è il compito che ci aspetta. Nello spazio senza campanili e senza gerarchie del web, qual è il ruolo della Chiesa? Oggi "alleanza" è una parola chiave. L'alleanza è oggi quanto mai necessaria, in tutti gli ambiti: è fondamentale per esempio per l‘educazione, che non può più essere un processo unidirezionale di trasmissione, ma un incontro in cui tutte le parti coinvolte danno e ricevono, lasciandosi trasformare. Per abitare il web è necessaria una "alleanza intergenerazionale" tra nativi (che sanno muoversi velocemente ma non sanno dove andare) e immigrati digitali, più impacciati ma in possesso di esperienza e di "bussole".Come ha detto Benedetto XVI nel suo discorso dedicato alle nuove generazioni per il 45° Giornata mondiale della Pace "Oggi assumersi la responsabilità di educare i giovani alla conoscenza della verità, ai valori fondamentali dell'esistenza, alle virtù intellettuali, teologali e morali, significa guardare al futuro con speranza. ...Solo una solida educazione della loro coscienza può renderli capaci di lottare sempre e soltanto contando sulla forza della verità e del bene". Questa alleanza intergenerazionale in una situazione complessa come quella che viviamo oggi può diventare una risorsa resa possibile dal buon uso dei nuovi media che possono portare il loro contributo educativo in ordine alla giustizia e alla pace allestendo uno spazio per lo scambio di doni, trasformando la "connessione" in comunione. Ma se la rete può essere il luogo della condivisione, la Chiesa deve essere il sale. Attraverso le parole del Papa lasciamoci guidare dalle scritture per passare della condivisione e dalla convivialità della rete al sale dell'alleanza con Dio.